PROFESSOR GIOVANNI MONTINI

La voglia di fare qualcosa di diverso e di positivo, all’interno di un ambito che si conosce bene. Essendo io un nefrologo pediatrico, è stato facile per me collaborare con un programma ben organizzato di aiuto ai bambini con malattie renali in un paese a risorse molto limitate.

Il prof. Giovanni Montini, Direttore di Unità Operativa del Policlinico di Milano, e professore ordinario di Pediatria dell’Università Statale di Milano, si occupa di nefrologia pediatrica clinica e di trapianti di rene del bambino. Da più di 10 anni partecipa ad attività di cooperazione internazionale per l’incremento della nefrologia pediatrica in Paesi in via di sviluppo. Due volte l’anno si reca in Nicaragua per consentire la diffusione delle tecniche di dialisi e di trapianto renale pediatrico. Si è avvicinato a questa realtà grazie al prof. Fabio Sereni, con il quale ha collaborato sia a Padova sia a Bologna.

Ci racconta come è nata questa Onlus?
Sentivamo l’esigenza di avere una Onlus dedicata alla nefrologia pediatrica, ma con respiro più internazionale, e grazie ad un gruppo di amici, questo è stato molto facile da attuare. Esiste già da tanti anni un’associazione, l’ABN, che però si occupa più dei problemi a livello locale, supportando tantissimo il reparto di pediatria a Milano. Invece noi volevamo proprio una Onlus dal carattere internazionale: abbiamo una identità ben precisa e le persone che si avvicinano a Rene e Bambino nel Mondo sanno esattamente di cosa ci occupiamo.

Cosa l’ha spinta a far parte di Rene e Bambino nel Mondo?
La mia specializzazione nella cura di nefropatie infantili e la mia voglia di mettere a disposizione le mie conoscenze a favore di chi è meno fortunato è stata la forza motrice che mi ha spinto a far parte di questa Onlus.
In Nicaragua esistono da una parte un Sistema Sanitario nazionale, che, pur con moltissime difficolta, offre un’assistenza gratuita a tutti i cittadini nicaraguensi, e, dall’altra, una buona cultura di base nella grande maggioranza di medici. Questo ha consentito di programmare e quindi di sviluppare il nostro progetto a favore di tutti i bambini con malattie renali di questo paese del centro America, attraverso accordi specifici con il Ministero della salute locale. Questo accordo e questa programmazione hanno permesso il continuo sviluppo del programma, che dopo venti anni, ha permesso di arrivare al trapianto di rene.  Rimane molto da fare sulla parte della prevenzione delle malattie renali e sulla diagnosi precoce di queste malattie, che permetterebbe di evitare o almeno procastinare la necessità di dialisi in molti bambini.

Siete molto attenti anche alla parte sociale?
Per noi questo è un aspetto molto importante. La pianificazione di cooperazioni internazionali sanitarie deve analizzare anche la realtà sociale locale. In Nicaragua le famiglie sono molto numerose (fino a 8-10 figli per donna) e molto povere: in media un lavoratore guadagna circa 4$ al giorno. In questo contesto, crescere un figlio con una patologia cronica diventa molto complicato. Molto spesso i genitori abbandonano le cure per l’eccessivo impegno (in termini economici e di tempo) richiesto dall’accompagnare il bambino in ospedale a sfavore degli altri figli “sani”. Una realtà difficile da comprendere per chi come noi italiani ha giusti privilegi sanitari che però vengono visti come ovvii. Per questa ragione, il nostro impegno si è rivolto anche verso un’assistenza sociale ed economica e di aiuto per il trasporto dei bimbi malati presso le strutture ospedaliere e per sopperire a tutte le carenze tipiche di paesi a basso reddito come il Nicaragua. In questi luoghi si può morire non solo perché manca la tecnologia o il know-how, ma anche per mancanza di una semplice assistenza sociale alla famiglia.

Com’è il rapporto con il governo nicaraguegno?
Abbiamo sempre trovato massima collaborazione, indipendentemente dal colore politico del governo, perché noi ci occupiamo di problemi clinici di bambini. Questo è un grande merito del Professor Sereni, che ha aperto questa strada di accordo con il ministro della salute per garantire la continuità di quanto da noi iniziato. Questo tipo di rapporto ha permesso la nascita e la crescita di un reparto, che oggi fa la dialisi e il trapianto di rene nel bambino. Prima non c’era niente.

Si ricorda il primo bambino in Nicaragua?
Il primo bambino nicaraguegno che ho incontrato viaggio aveva 4 anni, affetto da una malattia cronica, la sindrome nefrosica. Questo bambino non rispondeva alla terapia e a lungo andare sarebbe stato dializzato. Sono un pediatra nefrologo quindi non ero rimasto sorpreso, ma quello che più mi aveva colpito era proprio la questione sociale: la mamma era sola, con tre figli, naturalmente poverissima eppure aveva una gran voglia di provare a guarire la malattia del figlio.

Ad oggi cosa manca in Nicaragua per essere completamente autosufficiente?
Sicuramente siamo arrivati a livelli molto alti per il contesto sanitario ed economico locale. Purtroppo siamo lontani ancora dagli standard dei paesi occidentali, soprattutto per le scarse risorse economiche, perché molte terapie e tecniche diagnostiche sono estremamente costose. Oggi siamo riusciti ad arrivare il trapianto di rene, un risultato soddisfacente, ma non c’è la possibilità per tutti i bambini che ne avrebbero bisogno. Per questo noi continuiamo a lavorare in questo senso, con la collaborazione del sistema sanitario nazionale locale. Dall’Italia mandiamo le medicine più costose per fare il trapianto di rene, continuiamo a sostenere le spese di alcuni esami, rinnoviamo alcuni apparecchi (abbiamo, per esempio, appena comperato la macchiana per fare gli studi urodinamici), per cercare di mantenere uno standard piuttosto elevato.

E su cosa bisognerebbe investire?
L’aspetto della prevenzione in loco è molto importante. Noi abbiamo potenziato l’ospedale pediatrico di Managua per quanto riguarda gli aspetti nefrologici, le malattie del rene e del bambino. Da alcuni anni si sta lavorando per creare strutture dedicate anche in periferia, perché il grande problema attualmente è la diagnosi precoce della malattia. Nei paesi occidentali la stragrande maggioranza dei bambini con danno renale vengono diagnosticati negli stadi molto precoci della malattia, permettendo spesso una cura efficace. In Nicaragua, e nei paesi a basso reddito in genere, i bambini arrivano in ospedale con danno renale avanzato, quando non è più possibile bloccare la progressione della malattia. Per noi pediatri la prevenzione parte sin dall’epoca del concepimento, prima della gravidanza, iniziando dalla la salute della madre. Una donna mal nutrita, che si trova in condizioni psicologiche e sociali disagiate e difficili, sicuramente partorirà un bambino con più problemi, per questo ci occupiamo anche dell’aspetto sociale.

Qual è il suo sogno?
Il mio sogno sarebbe quello di duplicare il sistema Nicaragua in altri paesi a basso reddito nel mondo. Molto abbiamo imparato dall’esperienza in Nicaragua e siamo in grado di velocizzare alcuni passaggi, soprattutto burocratici, per poter replicare la nostra esperienza. Ci piacerebbe dedicarci ai bambini nefropatici africani, ma in Africa non esiste una realtà sanitaria pubblica che possa essere di sostegno al nostro progetto.

Prof. Giovanni Montini